venerdì 6 agosto 2010

Recensione film: L'uomo che verrà (Italia, 2010)


ATTENZIONE: SPOILER. Se non avete ancora visto il film, potreste rovinarvi la sorpresa. Non leggete pertanto le parti in rosso.

In tanti mi avevano consigliato nei mesi passati di guardare L'uomo che verrà, l'ultimo film di Giorgio Diritti che ha trionfato al Festival Internazionale del Film di Roma e ha vinto 3 David di Donatello, tra cui il premio per il miglior film. Questa sera ne ho avuta finalmente l'occasione. 
Il film si ispira ai fatti tragici dell'eccidio di Monte Sole, ed è stato girato in buona parte nei boschi del bolognese. Dialoghi in dialetto, peraltro piuttosto ben fatti e mai ridicoli, scene in interno veramente molto ben curate e meditate, storia cruda, come del resto ci si aspettava.
Nonostante ciò, il film non mi ha convinto e non posso certo dire che mi sia piaciuto veramente. Sono moltissimi i   motivi che mi spingono a non promuovere questo film, e cercherò di elencarne i più importanti.
Primo tra tutti, è la narrazione lenta. Sono consapevole del fatto che non sia facile girare oltre 1 ora e 45 minuti senza raccontare la vita della gente e dare un minimo di inquadramento alla storia, ma a mio avviso si è calcata troppo la mano su questo aspetto. Si potevano tagliare 10 minuti di scene inutili e rendere il tutto più snello e digeribile.
Seconda cosa: l'impressione che ho avuto è che questo film arrivi "tardi". E' tutto un visto e rivisto. Troviamo una bambina come protagonista, peraltro bravissima, ma di film che raccontano la guerra con gli occhi dei bambini ce ne sono già stati e l'impressione che ho avuto è che fosse un mero espediente per cercare la lacrima facile tra il pubblico. L'ufficiale tedesco che si comporta da bestia e poi salva Alba Rohrwacher perchè gli ricorda sua moglie non può che richiamare alla mente Ralph Fiennes in Schindler's List, così come tutti i tedeschi, estremamente stereotipati nei loro sbraiti e nella loro sanguinaria follia.
Terzo punto: ma il finale è un finale? Abbiamo passato quasi due ore del nostro tempo in compagnia di una bambina muta che alla fine apre bocca per cantare una ninna nanna...verrebbe da porsi quella serie di espressioni monosillabiche del tipo "sì...mah...ok...boh...moh". In poche parole è inconcludente, e non riesce neppure a commuovere, se questo era il suo intento. E' di un buonismo tremendo, e non si capisce bene il senso della cosa. La speranza, il futuro, l'uomo che verrà. Sì, ma..?!
Cosa ha di più questo film degli altri film già visti che parlano di eccidi, guerra, e pagine nere della nostra storia? Solo i dialoghi in dialetto bolognese, mi pare. Senza di quelli, sarebbe un film assolutamente "standard".
Ho sentito molti commenti del tipo "a me sono piaciuti molto i dialoghi in dialetto sottotitolati, bella idea". Sì, bella idea, ma non originale in sè. A mio parere questi dialoghi sono stati introdotti apposta per salvare un film che in partenza partiva già con buoni propositi, ma che non sapeva come distinguersi da ciò che è già stato fatto. "La bambina era eccezionale". Sì, vero, ma non basta, se il resto fa acqua.
Ultimo punto: sarà che siamo bombardati di violenza tutti i giorni, sarà che guardo parecchi film in cui il realismo domina, ma alcune scene tragiche erano poco credibili, come solo noi italiani sappiamo fare. Fare un primo piano inoltre su un "morto"  che morto in realtà non è, e vedere le palpebre muoversi, è veramente masochistico, dopo che si è curata maniacalmente la scenografia. Oltretutto sarebbe stato opportuno mettere un po' di cerone sul viso, che risultava colorito e assolutamente poco credibile. Diciamo che se c'è un vero punto debole è proprio il trucco, aspetto che in film come questi è fondamentale. Lo ha capito bene Spielberg 17 anni fa, quando ha realizzato il suo capolavoro sbattendoci la violenza in faccia.
Qui non si è osato così tanto, e questo forse è il motivo che mi porta a bocciare il film. Si è preferito puntare tutto sui bambini, sulle note di folklore, e sul "questo funziona sempre" ed è mancato il coraggio di sviluppare una storia svincolata da stereotipi e presunte scene strappalacrime, peraltro malriuscite. Peccato, perché gli attori, le musiche, la regia (salvo qualche "volo d'angelo" con la cinepresa, a mio avviso eccessivo) e tutti gli ingredienti per fare un ottimo lungometraggio c'erano. L'amalgama, però, non è stato sufficientemente compatto.