mercoledì 27 agosto 2008

Recensione: In questo mondo libero (It's a free world, 2006)


Ci risiamo. Ancora un capolavoro. Non bastava aver fatto opere maestose. Bisognava ripetersi. Questa volta Ken Loach va a esplorare un terreno quanto mai minato, perchè riguarda Boz da vicino.

E' il terreno del lavoro temporaneo. Un ambiente fatto da pseudoprofessionisti con alle spalle miseria e tristezza che diventano burattinai di uomini e donne (perlopiù stranieri irregolari) pronti a esser sottopagati pur di avere un po' di pane sotto ai denti.
Questo tipo di lavoro altamente redditizio, e allo stesso tempo moralmente squallido, porterà la protagonista del film, una delle streghette britanniche che io e Mario avevamo già classificato, a una serie di problemi con cui dovrà misurarsi, scegliendo, alla fine, una strada apparentemente facile.
Guardando questo film sembra che Loach sia davvero stato in una delle agenzie per cui ho lavorato. E' incredibile come sia riuscito a capire la realtà che sta dietro non solo agli sfruttati, ma anche agli sfruttatori, che nella maggioranza dei casi sono ex persone umili, con diversi problemi in famiglia, che non si fanno scrupoli pur di poter emergere nella scala sociale a scapito dei loro simili. E' proprio questa attenta analisi che fa di questo film una piccola perla da vedere assolutamente. Soprattutto, se almeno una volta nella vita, siete stati (sotto)pagati 5 Euro l'ora.

martedì 12 agosto 2008

Recensione: American Yakuza (1993)

L'altro giorno stavo vagando per supermercati alla ricerca di un film, quando ad un tratto, l'occhio mi è balzato sul cofanetto di American Yakuza - Special Edition in 2 dvd. Stupito dal vedere il faccione di Viggo sulla copertina, mi sono chiesto come mai questo film (che già sapevo essere imperdibile) mi era sfuggito. E ho trovato subito la risposta: questo film ha la belleza adi 15 anni sulle spalle, e nel '93 ero ancora poco interessato alle sale cinematografiche.
Deciso a recensirlo il prima possibile, sono corso a casa di gran fretta, e subito è partito lo spettacolo.
Uno straordinario Viggo, non ancora ostaggio di Cronenberg, recita nel ruolo del poliziotto infiltrato nella Yakuza. Con il suo charme,il capello lunghino e la basetta triangolare, riesce a guadagnarsi la stima e l'affetto della famiglia, che si fida ciecamente di lui, non sapendo che in realtà è tatuato FBI proprio sul cuore. Al momento di scegliere da che parte stare, però, il nostro eroe dovrà vedersela con la sua coscienza, e scatenerà la sua rabbia sui suoi nemici più acerrimi, i componenti del clan mafioso dei Campanela, che nel film però misteriosamente vengono chiamati Campanella con 2 elle.
La regia del famosissimo e sempre in gamba Frank Cappello è vivace e lucida, molto meglio di quei registi da 3 lire che vanno di moda oggi come J.J. Abrams, dinanzi ai cui film sono sempre costretto ad assumere un antiemetico, onde evitare di rigettare la cena durante gli inseguimenti girati con una telecamera lanciata ai 200 km orari su uno smorzatore di vibrazioni immerso in un terreno terremotato (con 10 di magnitudo su scala Richter, ovviamente) .
Non spendo ulteriori parole su Viggo, sempre in formissima, con la faccia esente da rughe e lo sguardo di chi sa come schivare i proiettili saltando tra file di bancali, e buttandosi a terra con salti leprotteschi senza farsi neppure un graffietto.
Nei titoli di coda, ho pure intravisto il nome del grande Al Goto, che già ben conoscevamo da altri 2 capolavori come Black Rain e Duro da Uccidere.
Insomma, un filmone da non perdere per gli appassionati del genere. Dimenticavo: non guardate troppo la recitazione: diversamente potrebbero servire ugualmente gli antiemetici.

domenica 3 agosto 2008

Recensione: Il vento che accarezza l'erba (The wind that shakes the barley, 2006)

The wind that shakes the barley è sicuramente il miglior film che ho avuto modo di vedere negli ultimi 6 mesi: Palma d'oro a Cannes nel 2006, vincitore di numerosi premi, e piccola grande perla in questo cinema manierista e senza inventiva.
Devo ammettere che mi era sfuggito. E ciò è abbastanza grave.
Lascio a voi la trama. Ma non vi lascio il commento sulla grande poesia che Loach riesce a trasmettere fin da subito. La storia è narrata magistralmente, senza fretta, e senza lasciare nulla al caso. Sotto il fuoco della cinepresa tanta carne e tanta umanità che si viene a scontrare nell'orrore di due singole guerre civili.
E la mente ritorna indietro nel tempo, perchè il realismo c'è, e almeno nel mio caso, la memoria storica anche.
Gli attori, tutti irlandesi, svolgono con sapienza e umiltà l'arduo compito di vestire i panni di tutti coloro che prima di loro hanno combattuto per la propria terra, e sono stati costretti a legittimare l'odio e la violenza in nome di una libertà che per ognuno aveva un aspetto diverso. Un film triste, tristissimo, violento più psicologicamente che visivamente, ma estremamente serio e profondo.
Loach non giudica, non prende le parti di nessuno, ma mostra come la guerra sia in grado di sconvolgere ogni rapporto umano. E lo fa con una freddezza tale da far scendere la lacrima sul finale. E lo scroscio di applausi.