domenica 22 febbraio 2009

Recensione: Resa dei conti a Little Tokio (Showdown in Little Tokio, 1991)

E' sempre un piacere guardare su IMDB i voti degli utenti ai film girati da Mark L. Lester: 2.7, 4.9, 3.5, 5.6, 6.1, e cosi via. Gli amanti dell'action movie sanno che in questo caso il voto va letto al contrario: più è vicino a 1, più eccelle. Ed è una sacrosanta verità.
Questa volta il buon Mark, dopo avere diretto magistralmente il capolavoro Commando e avere appena visto Hard to kill ha deciso di mettere insieme un film d'azione sbalordendo qualsiasi mente (razionale, s'intende). Ha accostato Dolph Lundgren a Brandon Lee, ha rubato il guardaroba e l'arsenale di Steven Seagal, e ha confezionato un capolavoro del cinema d'azione unico, ricco di humour e di borazzia.
Dolph Lundgren è figlio di un membro della polizia militare (?) che viene barbaramente ucciso da Yoshida, uno yakuza spietato e cattivissimo. Grazie all'aiuto del fido Brandon Lee lo cercherà, lo troverà, e lo ucciderà senza alcuna pietà. Dolph è bravissimo: porta un pantalone con la vita che gli arriva alle ascelle e una giacca di pelle tamarra, con un sole cucito dietro; anfibi d'ordinanza, pistola, e quando non serve arti marziali a gogo. Peccato che, salvo in rari casi, non si muove neanche. Basta che sfiori il suo nemico per scaraventarlo senza problemi contro la parete di fronte. E' in realtà con le armi che riesce a dare il massimo. La sua specialità è la mitraglietta, insieme al fucile a pompa, il pugnale giapponese, e la katana. Con questa, darà luogo a una delle più fantasiose uccisioni mai viste, che merita da sola tutto il film.
Fantastico poi il suo sesto senso: sa che un cattivo è dietro una porta, la sfonda con un braccio, afferra il marrano e lo trascina a sé facendogli sfondare col corpo tutta la porta. Un capolavoro unico, un grande vademecum per chi al giorno d'oggi vuole fare cinema serio e costruttivo. Memorabile anche la battuta pronunciata dal compianto Brandon Lee: "Hai il diritto di non fare dichiarazioni, hai il diritto di avere un avvocato...e hai il diritto di morire incendiato!"
Unico in questa scena il costume d'ordinanza di Dolph Lundgren, che sembra preso direttamente dai personaggi visti in Mai dire Banzai: una fascia sulla fronte col sol levante, una sorta di gilet da karate kid dalle spalle larghe e un pantalone largo da karate, che gli da un aspetto ancora più goffo e imbecille. La foto allegata parla chiaro.
La colonna sonora e le scene sono le stesse di Hard to kill, e talvolta ci si aspetta di vedere il codino ingellato di Seagal fare irruzione nella scena. Purtroppo, questo non è accaduto.

sabato 14 febbraio 2009

Recensione: Io vi troverò - Taken (2008)

"Io non so chi siete, non so che cosa volete. Se cercate un riscatto sappiate che non possiedo denaro. Pero io possiedo delle capacita molto particolari che ho acquisito durante la mia lunga carriera, che fanno di me un incubo per gente come voi. Se lasciate andare mia figlia la storia finisce qui: non verrò a cercarvi, non vi darò la caccia, ma se non lo farete io vi cercherò, vi troverò, e vi ucciderò." "Buona fortuna".


Un capolavoro assoluto. Un film unico ed entusiasmante. Un grande esempio di cinema d'azione con violenza a raffica come non se ne vedeva da anni, dai tempi in cui Steven Seagal e il suo fido codino spadroneggiavano nelle migliori sale cinematografiche di tutto il mondo.
Liam Neeson interpreta la parte di Brian, un ex agente del governo specializzato in "prevenzione" a cui una banda di albanesi rapisce imprudentemente la figlia, in vacanza a Parigi con l'amica Amanda, da subito destinata a fare una brutta fine.
Il duro Liam partirà alla volta di Parigi, e grazie alla sua tecnologia di alto livello e ai suoi fidi amici 007 entrerà in un traffico internazionale di esseri umani, e si lascierà alle spalle una lunga sfilza di morti, ammazzati nei modi più borazzi e fisicamente improbabili.
Ma è proprio questo che vogliamo noi amanti del cinema di suspance e azione: vogliamo emozioni forti, gratis, e "vendute" a buon mercato. E in Liam abbiamo trovato il nostro eroe.
Da sottolineare anche il risvolto politico della vicenda, dai toni alquanto fascisti e giustizialisti (ma condivisibili in parte): "Venite in questo paese, vi approfittate del sistema, e poichè siamo tolleranti pensate che siamo deboli e indifesi. La vostra arroganza mi offende. E la quota aumenta di un altro 10%."
Come dicevo, le uccisioni sono spettacolari. Arti marziali a gogo, pistole, lame, e salti del nostro impavido Liam, che si lancia attraverso vetrate con nonchalance unica, alla faccia dei suoi 56 anni suonati. Memorabile anche la sua mossa preferita: il tremendo e ripetuto pugno nel fianco delle sue vittime, a cui segue da clichet la rottura delle costole. Spettacolare.
Il ritmo è serratissimo ed avvincente, la storia scorre come acqua fresca, e il nostro eroe arriva a trovare sua figlia dopo essersi vendicato di tutti. Ma proprio tutti. Anche del suo ex amico, agente governativo corrotto, che punisce sparando addosso a sua moglie. Ma niente paura: "E' solo superficiale. Ma se non mi dai quello che voglio l'ultima cosa che vedrai prima che renda i tuoi figli orfani, sarà un proiettile tra i suoi occhi".
Holly Valance, che tutti noi ricordiamo con piacere nel ruolo di Nika in Prison Break ha qui un piccolo ruolo che non passa certo inosservato. Anche la moglie di Neeson, Famke Janssen, è degna di nota: l'avevamo scambiata tutti per la famosa attrice e cantante Laura Angel. Tutti gli altri attori sono decenti, ma non è la loro recitazione che conta. A tutto ci pensa lui e soltanto lui. Il Super Liam Neeson.

venerdì 13 febbraio 2009

Recensione: Cloverfield (2008)

Al solito, Cannibal Holocaust è il punto di partenza per la realizzazione di film horror/disastrosi intenzionati a guadagnarsi il titolo di capolavori tra i teen-ager e i non addetti ai lavori. In realtà di novità in questo Cloverfield c'è veramente poco. Anzi, probabilmente niente.
A un orrendo e gigantesco mostro che butta giù palazzi e scoreggia grossi e cattivissimi ragni viene in mente di distruggere New York. L'esercito interviene con bombe H, razzi, bazooka, ma non c'è niente da fare. L'animalazzo non viene scalfito dalle armi umane, anzi, schiaccia col suo piedone anche i carri armati alla stessa maniera di Godzilla. Il tutto viene filmato da uno dei ragazzi presenti a un party attraverso una videocamera digitale. E il film non è altro che il girato in prima persona di tutto quello che succede in quel triste giorno per l'umanità, e un mese prima, con le vicende personali del protagonista. Niente di innovativo, insomma.
La continua pubblicità occultà di Nokia, Lacoste, e Nike caratterizza il film per quello che in effetti è: un prodotto commerciale da consumare e gettare via subito dopo.
Morte, distruzione, effetti speciali di prim'ordine riescono però a tenere viva l'attenzione nei soli 70 minuti di film, che ha come grandissimo pregio l'esigua durata, e una ciurma di attori piuttosto bravi.
Il Barbareschi della comitiva è in realtà uno scemo che si fa sbranare dall'animalazzo di turno, morendo allo stesso modo del suo "antenato" holocaustiano. Tante, troppe le analogie con la suprema opera di Deodato, Godzilla, Predator, e King Kong, riconosciute dagli stessi autori a tal punto da inserire espliciti riferimenti durante il film. La prossima volta si degnino almeno di inserire un po' più di sangue. A parte qualche rara scena, gli amanti dello splatter sono rimasti piuttosto insoddisfatti.

domenica 8 febbraio 2009

Recensione: Slumdog Millionaire (2008)

Ieri sera ho deciso di ritornare al cinema dopo tanti mesi di assenza dalle sale. E, invogliato dalle critiche positive sentite, ho optato per Slumdog Millionaire, film di Danny Boyle ambientato in un'India spietata e incasinata. E purtroppo, sono rimasto abbastanza deluso.
Il film narra la storia di un ragazzotto stupido (ma sincero) che riesce a rispondere correttamente alle domande del popolare quiz che trasforma la gente in milionari, e si intasca così una somma da capogiro. Ogni domanda del quiz è l'occasione per ripercorrere parti della sua triste e penosa vita, la cui unica luce è chiamata Latika, sua innamorata e promessa sposa dai tempi dell'asilo nido. Il film scorre bene, è piacevole da vedere, e mostra senza pudore alcuni aspetti underground dell'India che in realtà appartengono a quasi tutti i paesi del mondo, Italia compresa. La storia richiama palesemente City of God e suoi derivati diretti, e a mio avviso scarseggia di fantasia, andando a scopiazzare qua e là senza alcun minimo ritegno. Non a caso, la colonna sonora del format "Chi vuol essere milionario" la fa da padrone, assieme ad alcune (orecchiabili) musiche indo-dance.
Il film vorrebbe inoltre essere una storia d'amore. In realtà, sempre a mio modesto parere, la storia d'amore è in secondo piano rispetto alle vicende personali del protagonista Jamel. E l'epilogo è semplicemente scontato, banale, e poco coraggioso.
Il film ha tutta l'aria di un prodotto creato per essere diffuso a livello internazionale, ma purtroppo è un concentrato di "già visto", di luoghi comuni, e di fretta nel mettere insieme i pezzi. Dall'inizio alla fine i numerosi colpi di scena sono prevedibili da chiunque, e non mancano elementi caricaturali su cui probabilmente un audience indiana si mette a ridere. Scontata e boccaccesca anche la scena di andreucciana memoria, già vista e rivista in ambito cinematografico e letterario, in cui il giovane Jamel che cade in una pozza di guano. A giudicare dalle risate in sala e dai commenti della gente, è davvero innegabile che la merda riscuote sempre un grande successo.

giovedì 5 febbraio 2009

Recensione: The Fountain - L'albero della vita (2006)

L'anno nuovo è cominciato con una serie di grandi fortune e sfortune. Hanno prevalso le seconde sulla mia salute, e pertanto sono stato costretto a un periodo di pausa forzata. Forse ne avevo proprio bisogno. Ricominciamo quindi con un capolavoro di film, sempre a mio modesto parere; il titolo, The Fountain, sarà sicuramente sfuggito ai più, quando è uscito nel marzo 2007 in Italia.
Ed è un peccato. Il sesto film del 40enne Darren Aronofsky è senza ombra di dubbio una delle sue migliori opere. Sul genere ho anche io qualchè difficoltà. Direi che prevale il lato drammatico, ma è anche un film fantasy e sentimentale, con punte oniriche e di grande impatto visivo.
La trama è irraccontabile, anche perchè, di fatto, non c'è. L'unico tema presente nel film è l'amore. Stop.
Il film è una grande storia d'amore narrata in modo originale e profondo, grazie a un montaggio magistrale e coraggioso, e un uso degli effetti speciali davvero massiccio, ma mai invadente. E sullo sfondo, al solito, un'ottima colonna sonora di Clint Mansell, compositore già apprezzato da anni nei film di Aronofsky, così apprezzato anche da Peter Jackson che ha usato il tema di Requiem for a Dream per Il signore degli anelli. Proprio sulla colonna sonora è necessario soffermarsi e levare un plauso. Insistente, coinvolgente, profonda, grazie anche all'uso di archi solisti, sempre amati e usati da Mansell.
Spettacolare e intelligente la parte fantasy, dapprima disarmante per lo spettatore, poi sempre più naturalmente abbracciata con la parte "reale" del film. Hugh Jackman è bravissimo, un po' meno a mio avviso Rachel Weisz, ma un plauso speciale spetta allo scimpanzè Donovan.
Un immenso film, da gustarsi Blu-ray su un plasma 52'' Full HD.