lunedì 20 aprile 2009

Recensione: Sbirri (2009)

Dispiace sempre scrivere una critica negativa di un film dai buoni propositi come Sbirri, ma, ahimè, credo che ciò sia necessario. Raoul Bova si cala nella parte di un giornalista di nome Matteo Gatti che decide di seguire una squadra di Polizia per capire le logiche dello spaccio e dell'uso della droga tra i giovani, dopo che suo figlio è morto a causa di una pasticca di ecstasy. Già da subito l'analogia del cognome con quello di Fabrizio Gatti, giornalista che realmente si infiltra ovunque, è balzata all'occhio, dando un che di "poco curato" al nome del protagonista e mescolando in modo confuso caratteri di una fiction di serie B con quelli di un documentario.
In secondo luogo, il melodramma diffuso come i pianti e le grida di Simonetta Solder sono risultati semplicemente imbarazzanti, creando in sala lo stesso effetto che possono scatenare i Fichi d'India in un cinepattone: gente piegata in due dalle risate, urla, ironici scrosci di applausi. In poche parole, una catastrofe. Quando una scena di pianto fa ridere il pubblico, gli attori dovrebbero riflettere sulla loro credibilità e soprattutto bravura. Se poi il regista insiste troppo su primi e primissimi piani, accentuando ancora di più tutte le espressioni malriuscite, allora si entra nel campo del masochismo puro. I poliziotti dell'Antidroga, già conosciuti nel documentario sicuramente meglio riuscito Cocaina sono semplicemente ottimi, ma purtroppo sono relegati eccessivamente in secondo piano: il titolo del film pertanto è assolutamente ingannevole e a mio avviso squalifica tutto il film, non appena ci si accorge che in realtà il tutto è una mielosa e pedante fiction per famiglie da mandare in onda su Canale 5.
Bova se la cava bene, è credibile e riesce a calarsi in un ruolo non facile. Forse è l'unico assieme alla squadra di Polizia che crede veramente in questo film tra tutti gli attori in scena, che sembrano non di rado pesci fuor d'acqua buttati lì a casaccio.
La scena finale del parto credo che sia una delle peggiori che abbia mai visto in vita mia: avevo, come tutti, le lacrime agli occhi dal ridere.

sabato 4 aprile 2009

Recensione: Mad Max (Trilogia, 1979, 1981, 1985)

La saga di Mad Max mi aveva da sempre incuriosito, tant'è che ho deciso di guardarmela tutta di un fiato questa settimana. Non si tratta a mio avviso di un capolavoro, ma di qualcosa di comunque notevole e da non perdere. Merito degli scenari australiani, che si prestano a una storia ambientata "pochi anni più avanti da oggi" dopo una catastrofe nucleare. Max è un poliziotto buono con una allegra famigliola al seguito, che combatte branchi di teppisti borazzi e muniti di creste che scorrazzano per le strade, razziando ciò che trovano e commettendo tutti i crimini più sadici e peggiori. Dopo che un gruppo di questi soggetti si accanisce su sua moglie e suo figlio, Max impazzisce, e a bordo della sua V8 Interceptor tamarra, costruita da una Ford Falcon XB GT Coupè del 1973, dichiarerà guerra aperta ai pennuti, inseguendoli ad alta velocità per le strade, e provocando incidenti da Premio Nobel.
Personalmente ho amato il primo film della serie, apprezzando in particolar modo la regia estremamente moderna,calibrata, ed estremamente convincente, basata su un budget assolutamente ridicolo: Il secondo e il terzo film sono più o meno alla pari, e sempre secondo il mio modestissimo parere si trovano una spanna più sotto rispetto al primo. Spettacolari e mai sotto tono sono gli incidenti. C'è un vero e proprio gusto per il realismo e un pizzico di sadismo caricaturale. Quello che ho apprezzato meno, invece, è il gap profondo che c'è tra il primo e il terzo episodio in fatto di ambientazione. Se nel primo film infatti si è in uno scenario di degrado molto simile però al nostro mondo attuale con Kawasaki Z1000, automobili vere e proprie, e abitazioni normali, nel terzo ci ritroviamo in un mondo primitivo, desertico, fatto di pseudo-centurioni borazzi e kart alimentati da motori turbogetto. E' un salto temporale un po' troppo affrettato, anche se di grande impatto visivo. E' consigliata a tutti la visione per avere un'idea, tenendo in considerazione il fatto che, soprattutto nel terzo film della serie, il limite tra il colpo di genio e la buffonata è estremamente sottile.